seguici su facebook seguici su twuitter

Uscire dalla solitudine

Uscire dalla solitudine dopo la fine di un rapporto.

 

Forse, se ci siamo isolate, abbiamo avuto i nostri validi motivi. Sicuramente è stata una scelta.

 

Anche chi lamenta di essere stata abbandonata da tutti sa che in fondo un atto  di volontà propria in tal senso ha avuto un peso nel risultato.

Deluse, tradite, incomprese, derise, ci richiudiamo la porta alle spalle. Unica compagnia, rabbia e dolore che si spartiscono il nostro cuore.

La solitudine subìta e voluta ci abbraccia nel momento del rancore, ma ci raggela nella nostalgia.

Non c’è forse niente di peggio della tristezza che ci assale, da sole in casa, nelle tiepide e poi calde serate estive, quando con le finestre aperte ci arriva il suono delle voci allegre nella via.

E l’estate continua, col caldo sul viso e il gelo nell’anima, termina  fortunatamente abbastanza velocemente e ci riporta al mite autunno, che riequilibra man mano le temperature tra il nostro interno e l’ esterno.

Arriva l’inverno e la solitudine ben si accoppia al desiderio di non uscire perché fa freddo: una bella coperta, libro o televisione.

Passa il natale, l’incubo del capodanno si estingue in una notte, e via col nuovo anno.

Passano i giorni e diventano mesi. L’alibi lo fornisce anche il lavoro: in fondo a casa alla sera ci si rilassa e si recuperano le forze per la giornata successiva.

Quando inizia a far capolino la voglia di abbandonare il guscio?

- sicuramente il sabato sera o la domenica

- quando  l’appartamento ha subito l’ennesimo stravolgimento nell’arredamento

-quando non abbiamo più voglia di soffrire d’insonnia

-quando anche il gatto non ne può più dei nostri discorsi e va a dormire

-quando si ricomincia a scorrere la rubrica telefonica e si medita sui possibili ricontatti.

Un pregio accessorio dello stato di  post-solitudine o di pre-riemersione è quello di sentirsi quasi in una fase scissa dalla realtà attuale, nel senso che si valutano ipotesi mai prese in considerazione prima.

Una sensazione di rinascita ancora allo stato embrionale, non definita nelle scelte, ma comunque accolta nella possibilità. Una fase subdolamente pericolosa, perché rischia di tradirci quando dalle possibilità si deve passare all’atto pratico.

Ed allora le aspettative ipotizzate non riescono a concretizzarsi, perché ancora in fondo non si capisce dove andare.

Siamo sul ponte tra il passato ed il futuro, sicure soltanto che non vogliamo ripercorrere i sentieri già battuti.

Non si riesce ancora a salvare nulla del passato, ancora troppo vivido di sofferenza.

Il futuro è molto nebuloso….

 

Uscire dalla solitudine dopo un lutto

Non è facile, perché la volontà della scelta di isolarsi dal mondo è molto forte.

In questo caso ,la solitudine è compagna e dimora della memoria.

La solitudine è raccoglimento, amica dei fantasmi e dei ricordi.

La casa respira di immagini e situazioni del passato.

E piangere fino allo sfinimento è possibile farlo solo in perfetta solitudine, non c’è nessuno  che consiglia di smettere.

Non importa l’alternanza delle stagioni, in questo caso è più avvertita l’ alternanza tra il giorno e la notte, tra il rumore ed il silenzio.

La notte si dilata, tra alternanza di sonno ed insonnia, o di risvegli precoci.

La casa è un rifugio, le persone che ridono o si divertono ci danno quasi fastidio, l’isolamento è una necessità.

Parliamo da sole con dialoghi immaginari, domande di cui conosciamo la risposta, commenti e giudizi certi.

Ogni angolo della casa o il singolo oggetto hanno una storia da ricordare ed il ricordo diventa il presente.

Al futuro si pensa con angoscia, è un vero salto nel buio.

Si accetta solo la compagnia di persone con cui poter condividere gli eventi della memoria.

A tutti gli altri si dice”Non sono ancora pronta”, senza capire ancora che non esiste una divisione netta tra vita passata e possibile nuova vita.

La grande paura è che i ricordi affievoliscano o svaniscano se ci si impegna in nuovi contatti, e tutto ciò ha l’aria di un terribile tradimento eterno.

Ancora non si ha la capacità di separare il cuore in comparti stagni, dove ogni affetto del passato può trovare la sua imperitura collocazione, e dove , quando il pensiero ritorna ad esso, anche la carica emotiva può essere recuperata.

E’ praticamente impossibile scordarsi delle  grandi emozioni che ci hanno  colpito, nel bene e nel male.

Ma un dolore così grande non era ancora stato sperimentato e tutto il resto appare senza importanza.

Il futuro non è proprio contemplato.

Due situazioni a confronto, che prevedono la solitudine come comune denominatore.

Uscire dalla solitudine prevede in tutti e due i casi , un intervento  esterno, con una graduale ripresa dei contatti sociali, ed un intervento interno, nato dal recupero della nostra energia vitale, che si riaffaccia quando, come si dice, “si è toccato il fondo”.

Ognuno di noi ha un suo proprio livello massimo di sofferenza, generalmente sconosciuto, e che, per questo motivo, appare non superabile.

Ma il salto da” interno” ad “esterno” è sempre possibile: ed allora uscire dalla solitudine significa chiudersi una porta alle spalle ed aprirsi alla vita.

Non dimenticando nulla delle esperienze  del passato, che custodiremo  come ricordi a cui poter accedere, finalmente, solo per nostra precisa scelta.

Dal passato al presente, obiettivo della donna “Quaranta+”

 

 

 

Share

Un Commento

  1. i truly admire the work you are doing. i follow your articles and love what you have to say. you’ve already made a difference.http://www.tvbandeirantes.net

Rispondi a Bartira Annulla risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>